Schedati a loro insaputa migliaia di testimoni di incidenti stradali

Violato il diritto alla privacy di migliaia di cittadini; polemiche e giustificazioni delle compagnie assicurative.

Schedati a loro insaputa migliaia di testimoni di incidenti stradali

Il Grande Fratello ci osserva e ci spia? Siamo veramente sotto lo stretto controllo delle autorità? Aspre polemiche stanno infatti suscitando in questi giorni la divulgazione della notizia che la banca sinistri dell'IVASS (l'organo di vigilanza sulle compagnie assicurative che ha sostituito da pochi mesi l'ISVAP) abbia potenziato in maniera marcata le 2 banche dati chiamate rispettivamente "anagrafe testimoni" e "anagrafe danneggiati".

Quello che ha inquietato l'opinione pubblica è che in questo calderone di informazioni sono contenuti anche i dati sensibili di coloro che hanno come unica "colpa" quella di avere assistito ad un sinistro e di avere testimoniato.

La "schedatura" non avviene quindi solo per i "protagonisti", ma anche per gli spettatori della collisione.

Le compagnie assicurative si trovano in possesso dei dati personali di migliaia di ignari cittadini e hanno giustificato la spiacevole anomalia in nome di esigenze antifrode (per eventualmente "smascherare" quindi persone che risultino testimoni di centinaia di incidenti).

Lo "sportello dei diritti" si è rivolto al garante per la privacy, ricordando all'IVASS che la creazione di una banca dati contenenti dati personali necessita di una serie di controlli, di misure di sicurezza e di regole giuridiche, che devono tutelare innanzitutto i diretti interessati.

Per l'archiviazione e la conservazione di dati personali in qualsiasi ambito e in qualsiasi settore serve la specifica autorizzazione degli "schedati", attraverso la consegna e relativa firma di autorizzazione, dell'informativa dell'ex articolo 13 del Decreto legislativo 196/2003 ( più comunemente noto come Legge sulla Privacy).

Il fatto che nessuna delle persone interessate sapesse dell'esistenza di queste banche dati e quindi non potesse richiedere di essere "eliminato" dalle medesime, configura un illecito penale.

Ogni cittadino deve essere a conoscenza, consapevole e d'accordo su quali banche dati siano presenti le sue informazioni personali ed in nome della trasparenza poter esercitare il suo legittimo diritto di recesso.

Se vi entra senza saperlo, la condotta di coloro che hanno creato la banca dati "abusiva" può essere perseguita.

In questo caso sembra addirittura che la raccolta avvenga attraverso terze persone (ispettori, avvocati, periti e danneggiati), non rendendo quindi possibile la determinazione del cittadino-testimone e/o danneggiato di sapere e decidere in quale banche dati "alloggiare".

La lotta all'antifrode è sicuramente argomento serio e delicato, ma la "schedatura" di massa ad insaputa degli interessati e senza il rispetto degli adempimenti richiesti dalla legge, non rende più facile il già complicato rapporto dei cittadini con le istituzioni e con gli organi che teoricamente dovrebbero vigilare per la tutela del singolo.